martedì 22 settembre 2009

ETTORE MESSINA:"Isterie e pregiudizi ,ecco perchè ce ne andiamo"


Il nuovo tecnio del Real Madrid:
«Da noi è difficile e conflittuale, non si può programmare nulla»
FRANCO MONTORRO da LA STAMPA


BOLOGNA Domenica il bresciano Sergio Scariolo ha portato la Spagna a vincere gli Europei di basket ed è la prima volta che la Nazionale iberica, campione del mondo e vicecampione olimpica, conquista un trofeo che sembrava un tabù. Che a guidarla nell'impresa sia stato un allenatore italiano è l'ennesima conferma che di recente all’estero, in molti sport, squadre di club e Nazionali hanno fatto bene ad affidarsi a tecnici tricolori: vedi nel calcio Capello e Ancelotti. Il tutto a conclusione di un'estate invece disastrosa per tutte le nostre rappresentative azzurre, in ogni disciplina e a qualsiasi livello. Esiste un filo conduttore nelle vicende dei nostri allenatori emigranti di lusso?
Giriamo la domanda a Ettore Messina, quattro scudetti russi e due Euroleghe con il Cska Mosca, appena passato alla sezione «baloncesto» del Real Madrid per rinverdire fasti cestistici ormai lontani. Messina, possiamo parlare di fuga di cervelli dall'Italia?
«Sì. E troviamo subito un filo conduttore, tutt'altro che economico: la stanchezza per il clima esasperato che si vive nello sport italiano. Dove tutto è complicato, conflittuale. E poi, in Italia, salvo rare eccezioni non si può mai programmare nei tempi dovuti. Così lavorare all'estero diventa un modo per lasciarsi alle spalle isterie collettive e purtroppo devo dire che da noi rappresenta uno specchio della vita quotidiana. In Italia ci si schiera, si tifa e se la qualità arriva da un avversario non viene riconosciuta. Un'idea non viene giudicata valida o meno dopo averla approfondita. Se una proposta è intelligente, ma arriva da uno di un partito di una squadra diversa, quello è un avversario e il suo pensiero va stroncato. Anche nello sport, in Italia, la "res publica" è un concetto fermo all'antica Roma».
Quindi, al contrario, uno come Mourinho ha capito benissimo come comportarsi con i media italiani.
«Non lo conosco e non me la sento di esprimere un giudizio, ma probabilmente è così, però vorrei ribaltare il discorso. Viaggiando per l'Europa e soprattutto adesso in Spagna leggo cose inquietanti sul nostro sport e sul nostro Paese, che come detto sono l'uno lo specchio dell'altro. Come qui vedono le nostre vicende politiche è desolante e non è che il giudizio sia migliore sulle questioni sportive».
Che cosa pensano di noi?
«Nello sport siamo i disorganizzati per eccellenza. Siamo quelli che una volta facevano e adesso non fanno più. Nel calcio siamo bollati come catenacciari e nel basket non è stato facile per Scariolo prendere in mano la Nazionale. Perché anche in Spagna la stampa non scherza, i giornalisti sanno essere feroci. Ma almeno non ti insultano e i tifosi non ti sputano addosso. Allenare fuori dall'Italia non è tecnicamente più semplice, ma psicologicamente molto meno complicato. Tornando alla politica, la Spagna ha diversi, gravi problemi: dalle spinte indipendentistiche alla disoccupazione. Ho assistito a un dibattito in tv in cui il leader dell'opposizione, Rajoy, attaccava duramente Zapatero, non in maniera gratuita ma con dati precisi, contestazioni mirate e senza offese. Così accade anche per la stampa sportiva».
La crisi delle Nazionali italiane è casuale, periodica, affrontabile?
«Penso di poter parlare solo per il basket, ma non capisco perché il presidente del Coni abbia tuonato contro i tecnici italiani all'estero, come se solo la nostra categoria dovesse immolarsi per il bene comune. Bisognerebbe magari chiedersi se è stato fatto tutto il possibile per trattenerci e, ripeto, non è una questione economica, ma più ampia, di civiltà. Nella pallacanestro, dopo anni pessimi sarebbe normale cambiare. Non ce l'ho con l'attuale ct Recalcati, ma in qualsiasi azienda le crisi si affrontano con i cambiamenti, mentre nel basket italiano, da tempo, non si tocca niente».

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